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I fratelli Sacco (zweite Neuauflage)
Nuova edizione con foto e lettere dei protagonisti
von Alfonso Sacco und Vincenzo SaccoLa mattina del 16 ottobre 1926 dopo nove mesi di ostinata persecuzione io, Vincenzo, Giovanni, Pietro La Porta e Filippo Marzullo fummo catturati nel casolare del contadino Giovanni La Porta in territorio Mizzaro. Ecco come avvenne la cattura:
La cagnetta del padrone di casa avvistando gli stranieri cominciò ad abbaiare. Il capitano Borromeo si trovava con 200 gendarmi da quelle parti. Il latrato attirò l’attenzione del tenente, che la seguì incuriosito fino alla casetta. Essa era tanto piccola e bassa col muro di dietro quasi a petto d’uomo. Io mi trovavo di sentinella e scorgendo le forze armate, diedi l’allarme. Non persero tempo. In un baleno fummo circondati. Fu aperta una spietata sparatoria contro di noi. Colpirono il tetto e le mura del casolare. Decidemmo di arrenderci. I nostri animi rassegnati erano disposti a sott mettersi alle forze ineluttabili, che ci minacciavano. Mi trovavo ancora dentro e mi sentii ferire all’avambraccio sinistro da un colpo sparato da un carabiniere, che stava sul tetto. Vincenzo, a testa alta, deciso, aprì la porta. Buttammo fuori le armi che non avevamo ancora usato. Credevamo di aver da fare con i signori della legge, i tutori della giustizia. Invece, i protettori dei deboli sparavano a bruciapelo come se avessero davanti cani affetti da rabbia, da cui difendersi per pericolo di esser morsi o contagiati dalla bava infetta. A braccia alzate in alto, gridando:
La cagnetta del padrone di casa avvistando gli stranieri cominciò ad abbaiare. Il capitano Borromeo si trovava con 200 gendarmi da quelle parti. Il latrato attirò l’attenzione del tenente, che la seguì incuriosito fino alla casetta. Essa era tanto piccola e bassa col muro di dietro quasi a petto d’uomo. Io mi trovavo di sentinella e scorgendo le forze armate, diedi l’allarme. Non persero tempo. In un baleno fummo circondati. Fu aperta una spietata sparatoria contro di noi. Colpirono il tetto e le mura del casolare. Decidemmo di arrenderci. I nostri animi rassegnati erano disposti a sott mettersi alle forze ineluttabili, che ci minacciavano. Mi trovavo ancora dentro e mi sentii ferire all’avambraccio sinistro da un colpo sparato da un carabiniere, che stava sul tetto. Vincenzo, a testa alta, deciso, aprì la porta. Buttammo fuori le armi che non avevamo ancora usato. Credevamo di aver da fare con i signori della legge, i tutori della giustizia. Invece, i protettori dei deboli sparavano a bruciapelo come se avessero davanti cani affetti da rabbia, da cui difendersi per pericolo di esser morsi o contagiati dalla bava infetta. A braccia alzate in alto, gridando: